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Csr inutile senza Integrated Governance

13 Febbraio 2017Pg

Domanda: perché compilare il questionario (inviato in settimana) dell’Integrated Governance Index? Risposta: lo spiega un report di Bain & Company. Per «ambiziosi obiettivi di sostenibilità», occorre integrare la Csr nel business. E farlo capire all’interno

editoriale_blu_homeSono partiti la scorsa settimana i questionari relativi all’Integrated Governance Index 2017. Il progetto, promosso da ETicaNews e TopLegal, col supporto di Nedcommunity, Methodos e Morrow Sodali, punta quest’anno a raccogliere riscontri presso una platea di 100 aziende, le maggiori per capitalizzazione in Italia. Lo sforzo è notevole. L’obiettivo ambizioso.

La domanda ce la siamo posti già all’inizio del progetto. In questi ultimi giorni ci è stata riproposta: PERCHÉ?

PERCHÉ

Dal nostro punto di vista, questo sforzo è la naturale evoluzione del percorso intrapreso da ETicaNews sin dalla nascita: esplorare in maniera scientifica (cioè, da giornalisti specializzati) il mondo della corporate social responsibility e della finanza Sri (socially responsible investing). L’integrated governance riteniamo sia il punto di massima congiunzione tra Csr e Sri. La struttura di “buon governo responsabile e sostenibile” rappresenta quanto l’azienda è consapevole della strategicità delle questioni Esg, dell’importanza di integrarle, misurarle e comunicarle. In esatta simmetria con la consapevolezza espressa dagli investitori, che chiedono di integrarle, monitorarle ed esserne informati.

Avviare un Index su questa tematica ancora largamente incompresa in Italia (e, forse, non solo in Italia), è un’attività di informazione, ma soprattutto, di condivisione. Ergo, di formazione.

PERCHÉ

Ma la domanda PERCHÉ? diventa assai più scivolosa se considerata in relazione alle aziende. O meglio, ai suoi rappresentanti. Perché, dunque, un manager dovrebbe misurarsi col questionario, e quindi impiegare tempi e risorse per mettere la propria azienda nelle condizioni di essere misurata?

Sono tangibili i costi di compilazione.

Quali, invece, i vantaggi? Ci sono vantaggi materiali: l’Index prevede il riconoscimento delle prime dieci aziende in classifica, nonché delle best practice di settore/categoria. Una selezione delle aziende, poi, sarà coinvolta in focus group con gli investitori per confrontarsi sulle tematiche Esg.

E, poi, ci sono i vantaggi non evidenti, quelli, per rimanere in tema, intangibles. Sono questi che, a prescindere dalla classifica, spostano parecchio in alto la valenza dell’esercizio.

Il questionario Igi, infatti, va inteso anche come uno strumento di condivisione ed engagement. Verso l’esterno, cioè verso gli stakeholder, tra cui gli investitori Sri in modo diretto, ai quali vengono mandati segnali sulla coerenza Csr-Esg dell’azienda.

LA ROCCAFORTE INTERNA

Ma, soprattutto, il questionario è uno strumento di condivisione verso l’interno. Il fronte degli stakeholder interni (il management e i dipendenti) è infatti una delle roccaforti più difficili da conquistare per un’azienda che abbia deciso di imboccare un percorso di business responsabile. Secondo il report Achieving Breakthrough Results in Sustainability di Bain & Company, dello scorso novembre, realizzato coinvolgendo oltre 300 aziende, c’è un rapporto allarmante tra gli obiettivi preposti a trasformazioni di Csr, e i traguardi effettivamente raggiunti: appena il 2 per cento. Una cifra estremamente inferiore alla media del 12% raggiunta dall’insieme dei processi di trasformazione delle aziende.

Questo sconfortante risultato, secondo l’analisi, è dovuto principalmente all’incapacità di rendere partecipi management e struttura operativa dell’importanza di un nuovo posizionamento Csr. Il “corpo” dell’azienda resta legato a tradizionali obiettivi di business, percependo la sostenibilità unicamente come una questione reputazionale, separata dalle attività core dell’impresa, se non addirittura frenante le attività stesse.

Come si sconfigge questo? Bain suggerisce che l’azienda, ovvero, il top management, prenda posizioni pubbliche e decise sul riposizionamento “responsabile”; che queste posizioni riguardino anche precisi obiettivi di business, e che non ci sia timore delle responsabilità che si generano in caso di mancato raggiungimento dei target, poiché comunque il processo avrà ottenuto il supporto degli stakeholder.

Ma, soprattutto, Bain parla di «investire risorse e tempo per evidenziare gli aspetti di business della sostenibilità (per evidenziare “business case that links sustainable products and processes with success”)». Cioè, per condividere con l’interno che la Csr rappresenta una leva dell’attività aziendale. Non solo per condividere, ma anche con l’obiettivo di responsabilizzare. La quota di soggetti che, secondo Bain, oggi è in qualche modo legata a risultati sostenibili è molto bassa. Viceversa, «le aziende capaci di raggiungere ambiziosi obiettivi di sostenibilità hanno incorporato comportamenti e processi sostenibili nel business dell’azienda, e hanno reso i manager responsabili per il conseguimento di risultati».

PERCHÉ LA INTEGRATED GOVERNANCE

Come si «incorporano comportamenti e modelli»? Nel report di Bain vengono citati diversi processi: modificare i meccanismi decisionali, impegnare il vertice dell’azienda, spostare gli orizzonti di valutazione, legare i bonus a target Esg, ingaggiare gli stakeholder.

Ebbene, questi sono gli aspetti contenuti nei questionari inviati la scorsa settimana.

Questi aspetti sono quelli per cui è importante l’esercizio del questionario: sono la Integrated Governance.

 

Fonte: articolo ripreso integralmente da ETicaNews, dove è stato pubblicato in data 13 febbraio 2017

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